UN PASSAGGIO IN OSPEDALE

E così dopo tutte le chiacchiere che si sono fatte sul nostro ospedale, dopo i ritardi nelle cure “normali” dovuti all’attenzione al contrasto della pandemia, eccomi di nuovo qua: questa volta per una risonanza magnetica al mio ginocchio.

Qualche mese fa ho avuto un fortissimo dolore al ginocchio destro, che mi ha reso difficile anche il semplice stare in piedi. Forse un movimento sbagliato, o uno sforzo, una torsione… boh.

Il fisioterapista e anche il medico, mi hanno consigliato di verificare qual era il problema proprio con una semplice risonanza.

Io che quando posso non ricorro al privato, mi sono prenotato seguendo la procedura del Servizio Sanitario Nazionale: la mutua.

Il primo appuntamento è arrivato dopo poco tempo, ma purtroppo ho dovuto rinunciare a causa di un impegno di lavoro. Dovevo fare delle interviste in diretta streaming, proprio sull’argomento “Ospedale di Spoleto”.

Così mi sono rimesso in coda.

Sono passati altri mesi durante i quali ho usato due stampelle per muovermi, poi una sola, poi nemmeno quella.

Adesso praticamente il dolore è quasi sparito e cammino normalmente, ma ho voluto tenere attiva la prenotazione della risonanza anche per capire quanto tempo ci vuole a Spoleto, per un esame che deve aiutare a risolvere un problema di salute.

Sono passati mesi durante i quali sono arrivati appuntamenti da me accettati e poi annullati dall’ospedale per macchinario rotto, indisponibilità di qualcuno e altri intoppi del servizio pubblico.

Ma questo non mi ha dato fastidio.

Tanto ieri finalmente sono riuscito ad ottenere la visita.

Certo ci si scontra subito con qualcosa che sembra migliorabile, appena si arriva in auto e si cerca di parcheggiare. Spazi auto sovradimensionati che riducono di molto il totale dei posti disponibili.

Ma nemmeno questo mi ha dato fastidio.

Poi si passa a pagare il ticket. Fila con numeretto eliminacode.

C’è sempre chi scavalca, ma questo è abbastanza normale. Ieri erano persone anziane chiaramente in pensione, che potrebbero avere tempo, ma soffrono a stare in fila.

E nemmeno questo mi ha dato fastidio.

Arriva il mio turno: “…lei deve pagare direttamente a radiologia che qui questa impegnativa non va bene”.

Ok, allora esco e mi dirigo verso il reparto.

Peccato per l’ora di fila buttata, ma non mi sono sentito infastidito.

Per entrare in ospedale, le solite attenzioni all’igiene, alla misurazione della febbre, si compilano moduli, e poi via verso radiologia laggiù a metà del lungo corridoio.

Altra fila.

L’eliminacode segna il numero 91. Cerco la macchinetta per prendere il tagliando. Non c’è.

No, tranquillo, il display acceso è finto. Non c’è numero da prendere. Guardi solo chi è l’ultimo e lei viene dopo quello”.

“Grazie”.

Nessun fastidio manco adesso. Mi pare tutto abbastanza normale.

Intanto arriva anche una signora in barella spinta da due volontari della Croce Rossa che vengono da Terni e hanno perso un’ora, dicono loro, per capire dove andare.

Poche indicazioni dicono loro.

Anche qui dove si sta in fila per pagare, c’è chi scavalca e chi ci prova.

Ma non mi da fastidio nemmeno questo.

Laggiù ci sono delle sedie vuote. Nessuno ci va per non perdere la fila.

Nemmeno una signora molto avanti con gli anni che sembra soffrire parecchio a stare in piedi.

Signora si vada a sedere che quando è il suo turno la chiamo io”.

No grazie. Preferisco non allontanarmi”.

Riesco finalmente a pagare il ticket. Addirittura usando la carta di credito. Mi danno dei fogli e mi spiegano dove andare.

Radiologia è dietro quella porta: reparto 2 non l’1”.

“Grazie”.

Vado oltre la porta e giro a destra seguendo la freccia “Reparto 2”.

Sbagliato. Lì è tutto chiuso. Un’infermiera mi rimprovera dicendomi che quella “…è una zona riservata e poi non ci sta niente qui”.

Ok.

Dice: “Ti ha dato fastidio questo”?

Dico: “No, perché? Ci può stare un’informazione poco precisa. No, nessun fastidio”.

Rimango in attesa nella sala dove qualcuno premurosamente ha anche messo delle trappole per gli scarafaggi sotto le sedie, nell’angolo fra parete e pavimento.

Ci sta che l’attenzione sia spinta anche a prevenire le presenze indesiderate degli insetti.

Nessun fastidio. Non per me almeno. Anzi, mi pare pure una buona cosa.

Si aspetta, si aspetta.

Il numero con cui siamo identificati quando ci chiamano “sa è per la privacy”, non rispetta l’ordine d’ingresso, perché dipende dal tipo di analisi e questo disturba molto una signora che ama conversare e si lamenta ogni volta che un numero che verrebbe dopo il suo entra per la visita.

La signora ha anche una voce che ricorda il rumore del trapano. L’hanno chiamata per ultima.

Non mi ha dato troppo fastidio nemmeno la signora Black & Decker.

Comunque poi alla fine la risonanza l’ho fatta e i risultati li troverò in rete fra circa una settimana.

Tutto a posto.

Alla fine mi viene da pensare che la cortesia, la gentilezza, la preparazione e l’attenzione del personale tutto, da quelli della Croce Rossa ai medici, agli assistenti, agli infermieri e perfino quelli dove si paga, non basta a compensare un servizio lasciato troppo andare. E penso che ci sarebbe parecchio da migliorare.

E penso anche che se il personale che ho incontrato ci mette molto del suo per aiutare la baracca, lo stesso dovrebbero fare anche tutti quelli che possono mettere impegno per migliorare. Capire che i pazienti vanno rispettati anche se si servono del servizio pubblico, sarebbe un grande passo avanti verso un paese migliore.

Dice: “ma allora che cosa ti ha dato fastidio”?

Ecco te lo dico: chi ha appiccicato gli adesivi per il distanziamento, le patacche per terra, non avrebbero potuto attaccarli al centro della mattonella invece che a casaccio?

Ecco, questo mi ha dato fastidio. Sì, questo sì.

Pure questo è migliorabile.

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