L’ARTE CONTEMPORANEA NON È PIÙ QUELLA DI UNA VOLTA

Eh no, certo, quello che è contemporaneo adesso, non lo era “una volta”.
Invece si somigliano un po’ sempre troppo, le presentazioni, nonostante il merito di Gianluca Marziani, direttore della Galleria di Palazzo Collicola, che questa mattina ha inaugurato la prima delle mostre invernali del museo.

Forte ritardo per cominciare, confusione in sala, saluti del vicesindaco, microfono che non và qui, ma si sente benissimo ai piani sotto dove continua la mostra, espressioni annoiate, artisti emozionati, prime file stravaccate, tanti telefonini, tante forse troppe foto, tante certamente troppe chiacchiere.
Ma che devono dire quelli della prima fila al telefono?
Tutti in conversazione.
Mi avvicino e scopro che uno di loro dà istruzioni alla figlia piccola su come andare a scuola: “Senti la mamma”.
Il comunicato fornito alla stampa che illustra gli artisti e l’evento, parla per esempio di uno psichiatra, Fausto Manara, che viene definito “… artista per attitudine elettiva”.
Le sue opere ci accompagnano nel suo “…spiazzante universo digitale”. “La preziosa tessitura epidermica”.
Se queste cose le scrive Marziani che ci ha abituato a salti mortali linguistici raffinati dall’erre moscia, ci può anche stare.
Diverso è se l’artista se le scrive da solo.
Le proposte sono comunque tante e non mancheranno di coinvolgere gli appassionati di arte moderna.
Per tutti gli altri, compreso chi scrive, è richiesto uno sforzo che aiuti a capire il valore dei quadri per terra invece che appesi alle pareti: “… si esce dall’arte ridondante per arrivare a quella basica” dice uno che pare capirci.
Interessante poi la collettiva che raccoglie gran parte degli artisti spoletini e quelli che hanno operato in città.
Raccolta resa possibile dalla collaborazione con Franco Troiani.
Forse non ci sono tutti, ma quelli scelti meritano una visita.
Un giretto vale la pena farcelo, anche per mostrare riconoscenza agli sforzi chiesti al direttore Marziani per tenere vivo l’interesse di queste forme di espressione in una città che fatica di suo a metabolizzare la cultura.

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