Anno 1989. Roma. Quartiere Aventino.
Appuntamento alle 11 della mattina con Francesco, la persona che si sarebbe dovuta occupare del mio contratto per la tournée de “La cena delle beffe“.
Regia di Carmelo Bene.
Alle 11 Francesco arriva puntualissimo. Andiamo al bar.
Perde tempo.
Gli dico che sarebbe bene non farla tanto lunga per non far aspettare il regista, ma lui non mi sente nemmeno.
E prendiamo un altro caffè.
“Ma non sarebbe meglio andare? Magari si incazza se facciamo tardi“.
“Ma non ti preoccupare proprio. Tranquillo“.
In effetti quando alle 16 finalmente andiamo a casa, il maestro non si era ancora svegliato.
Erano due appartamenti vicini. Uno, quello dove viveva Carmelo, stava dietro una saracinesca, motivi di sicurezza mi hanno spiegato dopo.
Lì ci entrava solo lui e la sua donna delle pulizie, badante, confidente e unica persona di cui lui avesse timore.
L’altro appartamento, adiacente al primo, sembrava più normale. Almeno da fuori.
Dentro era tutto buio. Una moquette nera con inserti rosso cardinale.
Tante librerie e tanti libri.
Finestre sbarrate. Scuri chiusi. La luce veniva solo da un paio di piccoli faretti (sagomatori) puntati sul dorso di altrettanti libri. E di luce nella stanza ne rimbalzava poca.
Sulla scrivania non c’era manco una lampada per leggere o per scrivere.
“Francé, accendiamo la luce“?
“Non scherzare“! Mi risponde.
Io ero lì per firmare un contratto come responsabile proprio delle luci dello spettacolo… boh.
Non mi sentivo intimorito. Più che altro per la verità ero divertito. Sembrava come quando attraversi il tunnel dell’orrore al Luna Park. Tanto lo sai che è tutto finto.
Finalmente arriva LUI. Tazza fumante nella destra, sigaro acceso nella sinistra.
Si era appena alzato dal letto. Lui faceva così.
Non conosceva i colori della mattina, ma cominciava la sua giornata nel tardo pomeriggio, per tirare fino a quando il sole non stava per sorgere.
Seduto alla scrivania, lui da una parte e io dall’altra. Francesco in piedi al buio. Almeno credo fosse lì.
Ho dovuto aspettare che i miei occhi si fossero abituati all’oscurità per essere sicuro che fosse con Carmelo Bene che stavo parlando.
Ah, nella tazza che aveva in mano, c’era sì il caffè, ma solo come correzione del bourbon che la riempiva fino quasi all’orlo.
Cominciamo finalmente a parlare di come immaginava lo spettacolo.
Bello. Un sacco di idee.
Non potevo immaginare che quelle idee il giorno dopo sarebbero diventate altre e poi altre ancora fino all’andata in scena.
Cambiava sempre. Tutte le volte e sembrava non ricordare mai come eravamo rimasti la sera prima.
Un uragano di idee, spunti, proposte. Insomma quando di qualcuno si dice che è un genio, qualcosa sotto sotto c’è.
Nel suo caso c’era. (Lo so che non sono il primo a dirlo, ma ci vuole).
Avevo anche cominciato a prendere appunti per non mandare sprecate tutte quelle idee. Da qualche parte devo ancora avere i fogli dove frettolosamente scrivevo quello che regalava lui.
Poi abbiamo parlato del mio contratto e di soldi.
“Facciamo un contratto di dodici mesi. Va bene“? Dice lui
“Eh no che non va bene“. Rispondo io. “Ho altri impegni che non posso annullare“.
“Va bene – risponde lui. Allora facciamo così: un contratto di UN mese e poi vediamo“.
Beh da dodici a uno c’è tanta strada, ma ho accettato.
Lui lo faceva per provare come si sarebbe trovato con me.
Ma pure io lo facevo per capire se potevo lavorare con lui”.
Si è alzato dalla scrivania felice e certo di aver strappato un bel contratto per lui.
Pure io. Infatti alla scadenza del mese, lui la tirava un po’ per le lunghe per mostrare chi comanda e io allora ho firmato con un’altra produzione. Più per giocare che per altro.
L’altra produzione aveva un ufficio all’EUR con delle vetrate luminosissime.
“Ma… come… mi abbandoni“? “Ti denuncio. Ti chiedo un miliardo di danni“.
“Ma magari Carmè… magari“.
Niente. non mi ha denunciato. Peccato.
Ha anche chiamato il Teatro Stabile dell’Umbria dove pensava che sarei andato a lavorare. Ma non era lì che avevo firmato.
Però l’allestimento è stato esaltante. E pure le luci sono venute bene.
Bellissima esperienza.
Una delle poche volte che ho sfiorato una gran capoccia. Almeno in teatro.
Grandissimo Carmelo.
Salve sono un ragazzo di 17 anni e mi piacerebbe molto vedere dove il maestro risiedeva durante i suoi soggiorni a Roma.
Ricorderebbe per caso, la vai ed il numero esatti?
Mi piacerebbe molto vedere la sua casa.
Grazie in anticipo
Il maestro a Roma ci abitava proprio.
La sua casa era in via Aventina.
Il numero civico non lo ricordo e cambiando il mio cellulare ho perso anche il suo contatto telefonico che custodivo gelosamente.