HALLOWEEN? CHE È?

Tanti anni fa mi era presa la smania di imparare la lingua inglese.

Mi sono iscritto a una scuola famosa. Una privata a Roma. Molto costosa. Allora stava in via Sistina.

Sì un po’ ho imparato, ma non al livello che volevo.

Ho cambiato scuola e cambiato ancora, ma il livello restava più o meno sempre lo stesso.

Gli anni ’70 se n’erano appena andati portandosi via tutti i loro colori e per la prima volta sentii una persona dire:

“La lingua si impara nel posto dove la parlano. Vai in Inghilterra e vedrai che ci riesci”.

Sono andato in Inghilterra.

Con il treno: Spoleto – Londra.

Non ricordo bene, ma mi pare che ci vollero circa 48 ore.

Un viaggio faticoso, ma interessante.

Quelli che salivano in treno per fare 7 / 8 ore di viaggio, in confronto a me erano come studenti pendolari.

Comunque sono arrivato vivo.

Finalmente ero a Londra.

La patria della lingua inglese.

E cercando di comunicare con i londinesi, mi assalì subito un dubbio:

ma come facevano a capirsi fra loro gli inglesi?

Una lingua dove non si capiva manco dove finiva una parola e dove cominciava la successiva.

One word. il discorso sembrava fatto di una sola parola lunga lunga. Impressionante.

Giorni senza capire una mazza di quello che dicevano.

Io parlavo e a me mi capivano grazie alla scuola carissima di Roma, ma io … niente.

Nemmeno il senso delle frasi. Due o tre parole a casaccio, completamente inutili per la comprensione del discorso.

Insomma… niente.

E lì ho incontrato uno che mi ha detto, non ricordo più se in inglese o in italiano:

“E ci credo che non capisci. Qui parlano una lingua molto stretta. Bisogna andare in America. Lì parlano un inglese imbastardito che si capisce meglio. Prova”.

Provo? E proviamo.

374.000 lire di biglietto aereo con ritorno open a sei mesi, con Pan Am una compagnia che non esiste più, di cui ho ancora da qualche parte le posate. Di metallo.

Pensarci adesso che a bordo ti possano dare coltelli veri… che tempi.

Sono arrivato a Los Angeles era la fine di ottobre.

Città brutta dove se non hai l’auto sei sperso fra vie tutte uguali, senza una piazza.

Insomma molto poco amichevole se non vai nei quartieri come Beverly Hills, Hollywood, e ti rinchiudi in una villa.

Bella temperatura però. L’oceano era vicino alla casa dove ero ospite di amici di amici.

Il quartiere si chiama Venice. Ancora oggi va di moda.

Bastava attraversare la strada ed ero sulla spiaggia piena di palestrati con la tavola in spalla.

Quelli che non avevano la tavola, portavano in spalla quelle radio enormi. Qualcuno se le ricorderà.

Era molto prima del Walkman.

E lì francamente parlando con la gente, riuscivo a capire quasi tutto quello che dicevano.

Per imparare meglio, sono andato a scuola. Una di quelle per immigrati. Costo di tutto il corso: 50 centesimi.

Compreso il quaderno con la copertina nera, la matita e un libro usato.

Nella mia classe c’ero io europeo, l’insegnante che era di Los Angeles (LA come dicono loro) e gli altri, gli studenti miei compagni di scuola, tutti portoricani.

E che lingua si parla a Portorico?

Gran parte della popolazione parla inglese. L’altra parte lo spagnolo.

A noi sono capitati quelli che l’inglese non lo masticavano, così sia io che l’insegnante abbiamo allegramente imparato lo spagnolo.

Fra l’altro lingua utilissima in California.

E lì a LA, la sera dell’ultimo giorno di ottobre, il 31, tornato a casa, mi sono trovato circondato dai miei ospiti: un meccanico, un elettricista, un carrozziere, un imbianchino, tutti vestiti da donna e stra-truccati.

Minigonna, parrucca, unghie lunghe riportate e dipinte di rosso.

“Che succede”? Ho chiesto cercando di capire. Ero un po’ confuso.

“Que pasa”? Mi sono trovato a parlare in spagnolo.

“What happens”? Quelli della casa parlavano solo inglese.

“Beh è la notte di Halloween. Non sai cos’è? Voi in Italia non festeggiate questo giorno”?

No, noi non lo festeggiavamo. Non ancora.

Vedere uno dei miei ospiti: il carrozziere a cui mancava un incisivo, con minigonna, parrucca e unghie laccate, mi ha fatto pensare che l’inglese si poteva imparare anche in un’altra città.

E allora, grazie ad Halloween ho girato tanta parte degli Stati Uniti.

Bus Greyhound per traversare tutti gli stati del sud e arrivare fino a New York City. Il Coast to Coast.

Ci ho pure messo parecchio. Mesi. Un sacco di tappe in mezzo. Viaggio indimenticabile.

Dopo qualche mese di permanenza negli USA e tanti lavoretti in nero per mantenermi, ho capito di essere clandestino. E se non lo avessi capito ci avrebbero pensato a spiegarmelo i poliziotti alla frontiera in aeroporto a New York. ” Siamo costretti a rimpatriarti. A spedirti in Italia”.

Beh, veramente io stavo lì per quello. Per tornare a casa. Il biglietto ce l’avevo già, sennò magari non lo avrei manco pagato.

Comunque sono stati gentili. Nessuna segnalazione sul mio passaporto. Mi hanno anche augurato “Buon Viaggio”. Simpatici.

Noi con i clandestini in genere lo siamo un po’ meno.

Comunque poi un po’ di inglese l’ho imparato, ma giusto quello che serve. Senza esagerare.

Me lo sono sempre fatto bastare e ancora mi trovo meglio con gli americani. Li capisco meglio quando parlano.

Li capisco un po’ meno quando per Halloween si truccano da brutte donne pelose, con la barba e le unghie laccate.

Una festa, quella di Halloween, che mi ha seguito fino a qui in Italia e adesso ci convivo, ma non mi sta simpatica, anche se per i miei figli è come se ci fosse sempre stata.

In questo scarso feeling, non c’entrano niente gli amici americani mascherati.

È proprio che non riesco a farmela piacere.

Che ti dico? I viaggiatori sono strani.

Non tutto quello che si incontra poi piace. No?

M. C.

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