VA BENE MISURARE LA PENA IN BASE AL REATO?

Trovo nella mia casella di posta elettronica, l’invito a firmare una petizione che recita:

Basta con gli sconti di pena a coloro che sono condannati per reati sessuali!

Come non essere d’accordo con una pena certa per coloro che si macchiano di reati infami come quelli contro le donne, spesso mogli, fidanzate, figlie?

Per forza. La vuoi pensare diversamente?

Ci vuole la giusta punizione per queste persone e bisogna tenerle lontane dalla società civile.

Con l’occasione mi torna in mente la visita che tempo fa ho fatto in un carcere dove sono andato per una piccola chiacchierata sulla tecnica teatrale, agli studenti iscritti al corso di scenotecnica.

Non ero l’unico lì a dover affrontare la difficoltà di una “lezione” in un ambiente così particolare, con studenti dalle storie così forti.

A me è venuto in mente, in una pausa, di chiedere agli studenti se dal loro punto di vista fosse evidente la funzione riabilitativa del carcere.

Un signore anziano, lì dentro da non so quanto tempo e per quale reato, mi ha risposto:

Ma certo che no. Noi siamo qui per punizione. Siamo, o siamo stati, cattivi e la società dei buoni ci punisce chiudendoci qua dentro“.

Beh, allora non va bene.

Ho fatto la stessa domanda anche a un molto disponibile agente di servizio.

Le parole della sua risposta erano diverse, ma il concetto somigliava molto a quello del carcerato.

Quindi magari altri ci pensano alla riabilitazione, ma quelle due persone che ho sentito io in quella occasione, non ci credono.

E allora mi viene da pensare pure che se lo scopo è quello di recuperare alla società delle persone che hanno seguito un percorso negativo, intanto non ha senso la pena dell’ergastolo.

Proprio nessun senso.

Cosa recuperi a fare persone che non potranno mai tornare nel mondo dei “buoni”?

E poi, ancora, se lo scopo è quello, come mai non si pensa a pene che variano in base alla capacità di recupero sicuramente diversa per ognuno?

Ora siamo nella condizione di stessa pena per lo stesso reato.

Dice, ma chi lo stabilisce quanto ci mette quello lì a recuperare?

E allora su che base è stata pensata la durata della pena? Non sul recupero? E poi la struttura carcere è preparata a questa funzione?

Lavora per formattare persone da rendere “migliori”. Ha gli strumenti per farlo?

Insomma, va bene lasciare alla discrezionalità e alla coscienza del giudice, di quanto arrotondare la permanenza in carcere senza una norma che tenga chiaramente conto della possibilità dell’individuo di recuperare il suo ruolo nella società?

(Magari c’è già e io non la conosco eh).

E poi, visto che ci siamo: ma che mi significa l’ergastolo “ostativo”?

Sarebbe quella pena che non consente sconti, quindi si esce solo da morti.

Ma ha un senso?

Se ce l’ha io fatico a trovarlo. Fatico parecchio.