UN REGNO TUTTO BLU

C’era una volta un regno governato da un giovane re appena eletto.

Quello di prima era scomparso e al giovane rampollo, suo figlio, toccava ora farsi carico della corona.

Si sedette sul trono con la corona in testa, appoggiata sulle orecchie e cominciò a pensare a qualcosa che avesse potuto distinguerlo da tutti gli altri regnanti che si trovano in giro.

Le pensò tutte, ma l’unica idea che gli sembrò buona, fu quella di istituire solennemente il colore ufficiale del suo paese.

Ripulire un po’ la confusione cromatica che secondo lui avviliva l’immagine del regno.

Ci voleva un colore deciso che desse l’immagine seria ma vitale che il nuovo re cercava.

E lo trovò quel colore.

Non al primo tentativo, certo, ma consigliato dai suoi sudditi più fidati e soprattutto da quelli più di buon gusto, scelse.

Il colore dello stato sarebbe diventato il blu.

Deciso.

Non c’era spazio per altro.

Viva il blu.

Il re fece cambiare in fretta le vecchie bandiere che divennero tutte di quel colore. Tinta unita. Blu.

Poi anche le divise dell’esercito, cominciarono ad avere prima gli accessori blu, poi i berretti, poi decisamente tutta la divisa e anche i fregi e pure le decorazioni.

Le piume con cui si abbellivano i cavalli che trainavano la carrozza reale: blu.

Tutto blu: i pennacchi, la carrozza e pure i cavalli.

Gli animali vennero messi a dieta. I chimici del palazzo fecero mescolare alla biada, il blu di metilene, un colorante alimentare e a poco a poco le bestie si colorarono di blu.

Veniva meglio con i cavalli in origine bianchi.

I cani, i gatti, anche alcune persone cominciarono ad assumere quella colorazione.

Tutto blu.

Pure le armi dell’esercito furono dipinte di blu.

I carri armati. Gli aerei militari.

Le auto di stato blu lo erano già, ma a poco a poco anche tutte le altre vetture, quelle dei privati, diventarono dello stesso colore.

Anche la gente fu costretta a vestirsi del colore ufficiale del regno.

Per gli alberi dei boschi intorno al palazzo reale, ci volle un po’ di più ma anche lì i chimici del giovane re trovarono la soluzione.

Pure le foglie delle piante innaffiate con acqua colorata, a poco a poco divennero blu.

Il re era veramente soddisfatto.

Certo, lo stato aveva anche altri problemi, ma lui era sicuro che appena raggiunto il punto di massima uniformità cromatica, tutto si sarebbe sistemato.

Quella sera andò a letto contento nella sua stanza blu.

Nel suo bel lettone con lenzuola e coperte blu.

E il baldacchino e tutto il resto sempre blu.

La mattina quando si svegliò, andò alla finestra e osservò compiaciuto tutto quel blu a perdita d’occhio.

Aveva fatto un bel lavoro.

Bravo.

Apprezzava molto il risultato del suo impegno, quando guardando giù dal balcone principale del palazzo blu, vide al centro della piazza blu, la cacca di un cane.

Una cacca marrone.

Un punto stonato in mezzo alla piazza blu, che vanificava tutto il suo lavoro.

Sguinzagliò la polizia, l’esercito, le spie e tutti quelli che potevano aiutarlo a trovare il colpevole.

Niente da fare.

Anche la mattina dopo successe la stessa cosa.

In mezzo a tutto quel blu un cane, sicuramente lo stesso, aveva lasciato una cacca: marrone.

“Bastardo il cane e anche il suo padrone”. Urlò.

Ma il re non era uno stupido: “Vuoi la guerra”? Pensò.

E decise.

“Ok, visto che non posso cambiare il colore della cacca del cane, cambio tutto il resto”.

Sì. Tutto quello che era blu fu trasformato per diventare tutto marrone. Lo stesso colore della cacca del cane.

Alberi, auto, vestiti, palazzi, persone, pennacchi… tutto marrone.

Anche quella sera andò a letto soddisfatto.

“Ho fatto un bel lavoro. Sono più furbo di quel fuorilegge”.

La mattina quando si svegliò osservò con piacere il panorama dal terrazzo del palazzo marrone e vide che tutto era dello stesso colore.

Bellissimo.

Ma… che succede?

Cos’è quella cosa in mezzo alla piazza marrone?

Una cacca di cane?

Una cacca blu.

M. C.

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